16.12.07

Decalogo per Blogger da Jorn Barger

Può sembrare il solito noioso decalogo su come bloggare (e per certi versi lo è), in ogni caso questo è stato redatto da uno dei pionieri del Blogging.
Vale la pena leggere su Wired cosa scrive

Per maggiori informazioni su Barger rimando a Wikipedia

Quarta serie di Lost, 31 Gennaio

La ABC ha confermato la partenza della quarta serie di Lost per il 31 Gennaio.
Per ora ancora non si sa molto su quanti episodi andranno in onda.

Più info sul sempre ottimo Push The Button.

11.12.07

Commodore 64 - load " * " ,8,1

Non voglio sprecare "inchiostro", il mitico ed ottimo Commodore 64 compie 25 anni.

Se ripenso al Commodore 64 mi vengono in mente ore e ore passate a giocare a "California Games" e "Platoon" con i miei amici, un multiplayer ante litteram pieno di suggestioni, grafica primordiale e giocabilità alle stelle.

Avevo un lettore floppy e i giochi "caricavano veloce", era un lusso rispetto agli altri che avevano il mangia cassette...

Il mio C64 ora riposa in soffitta insieme ad un Apple ][ . Spero non senta la mia mancanza come io sento la sua ^_^

C'è Wired che ha fatto un omaggio attraverso una gallery.

Visitatela

Amarcord pura.

6.12.07

Jericho ritorna, grazie alle noccioline e allo sciopero degli sceneggiatori

Un bell'articolo di Fantascienza.com sul ritorno della serie TV Jericho.

In particolare questa mini-seconda serie concluderà i temi lasciati in sospeso dalla prima controversa stagione, che tra alti e bassi ha raccontato il mondo post atomico visto da una piccola cittadina di provincia degli Stati uniti.

La seconda serie ha potuto vedere la luce (dopo un iniziale idea di sopprimerla) grazie al sostegno dei fan e grazie allo sciopero degli sceneggiatori che ha lasciato molti buchi nella programmazione 2008 lasciando spazi alle serie minori.

Non ci resta che aspettare e vedere

5.12.07

Myst: il videogioco espanso

In un vecchio post definivo Lost come un telefilm "aumentato", tra le altre cose rileggendolo mi è venuto in mente che un'altra opera aveva scatenato in me più o meno la stessa sensazione di sfuggevole completezza "da mistero irrisolto", sto parlando di "Myst", un'opera storica del videogioco moderno che non ho la presunzione di descrivere in questo post ma che avevo approfondito ai tempi della tesi.

Riporto qui qualche spunto della stessa tesi sul "fenomeno Myst" invitando i lettori a giocare questo enigma e ad iniziare insieme a me un percorso di indagine sul parallelismo fra questo gioco e il telefilm Lost. A mio avviso ci sono molti fattori in comune:

  • - l'essere fenomeno mediatico
  • - essere basato sul mistero
  • - essere basato su isole
  • - presentare un immaginario con apparecchi meccanici quasi alieni e dagli scopi non definiti
  • - trovarsi in un contesto narrativo a dir poco non intellegibile
Ma andiamo con ordine, rimando ad un prossimo post una migliore descrizione degli elementi comuni fra Myst e Lost e riporto sotto qualche spunto sul gioco copiato dalla vecchia tesi:

“Myst”, in questo videogioco impersoniamo un semi-dio rimasto imprigionato in una serie di mondi creati dalla mente di altri nostri simili.
Ogni mondo ha la sua logica, tutto sembra apparentemente slegato e privo di connessioni ma basta addentrarsi nei meandri labirintici di ogni mondo per capire che dietro a tutto c’’è una logica stringente che deve essere solo capita e interpretata. L’esplorazione dei mondi ci porta a conoscere le ragioni della nostra condizione e tutto un intreccio narrativo si dipana fra un enigma e un altro. Non ci sono mostri da uccidere o avversari da abbattere, ci siamo soli noi, la nostra solitudine e un’infinità di tempo per capire come uscire dalla nostra prigione…..

[...]

Questo gioco grazie solo al passa parola che lo vide oggetto agli inizi degli anni novanta salì agli onori della cronaca e divenne un best seller con milioni di copie vendute.
Ancora oggi si sentono le conseguenze di quel fenomeno e la saga è ancora una delle più vendute nella storia dei videogiochi.

Ecco una sequenza del gioco (tra l'altro in una versione migliorata rispetto all'originale basata su "schermate fotografiche in sequenza")






25.11.07

Definizione della Sindrome "8 e 1/2", sintomi e conseguenze

Definizione della Sindrome "8 e 1/2":

La Sindrome "8 e 1/2" è un disordine autoriale che colpisce gli autori di blog non commerciali. Questa sindrome si trova in tutto il web ed è un comune disturbo che porta gli autori dei blog ad avere "l'orrore del vuoto", ovvero a trovarsi nella necessità spasmodica di scrivere un post nel loro blog anche senza avere un argomento valido di discussione.
Il nome della sindrome è di chiara origine cinefila ed identifica il momento in cui un creatore non riconosce più in se stesso la capacità di produrre idee.

Sintomi ed indizi:

Il primo sintomo è il porsi domande come "quanti post ho scritto nel mese?", "i miei amici cosa diranno ora che non sto più postando?", "ho finito gli argomenti di cui mi piace parlare?", "a qualcuno interessa veramente quello che scrivo?".
Altro sintomo evidente è la ricerca affannosa di un argomento decente da riportare all'attenzione, la ricerca è tipicamente vissuta con frustrazione poichè è in contrasto con l'idea iniziale di scrivere post solo in base ad una sincera "ispirazione".

Rischi:
Il rischio più comune è quello di scrivere post inutili e/o ridondanti creando disaffezione in chi legge e perdita dell'autostima dell'autore.

Trattamenti:
Il malato deve innanzitutto riconoscere il suo problema, in seguito dovrà prendere una pausa di riflessione e rileggere in chiave critica tutti i suoi post per capire in che direzione autoriale sta andando.
La consapevolezza finale che la mancanza di post non esprime la fine del ciclo creativo riporterà il rapporto autore/blog in un ambito di normale scambio e sacrificando la numerosità alla qualità l'autore ritroverà la voglia di scrivere...

30.10.07

Un Taxi a Roma ovvero quando il mercato non esiste

Questa è la scena che mi si è presentata davanti un giorno lavorativo a Roma, Stazione Termini, ore 10.30 di mattina


E' evidente che questa fiumana di persone è in fila per un taxi e come lo stesso faccia tristemente capolino in fondo alla medesima fila... Circa 50 metri più avanti rispetto alla mia posizione.

Posso capire le ragioni di una categoria e la spinta a proteggere uno status raggiunto e soprattutto mantenuto con una grande fatica. Appare comunque chiaro che c'è uno squilibrio tra domanda ed offerta e questo si riflette anche sulla qualità del servizio una volta che lo stesso viene erogato, infatti una volta a bordo il taxista con il quale conversavo amabilmente ha cercato a più riprese di convincermi che sarebbe stato meglio per me prendere un mezzo pubblico piuttosto che cercare di raggiungere l'altra parte della città in taxi.

Ho desistito per pigrizia ma anche perchè infastidito da questo atteggiamento poco "customer oriented"...

Evidentemente corse lunghe e file chilometriche non vanno d'accordo con il modello di business dei taxisti e il risultato è che il cliente viene quasi convinto che per lui la soluzione migliore è essere scaricato a pochi chilometri dalla Stazione di partenza...

E' strano come il comune di Roma non colga l'occasione per istituire ed ampliare servizi ibridi taxi-bus, a mio parere sarebbero a vantaggio di tutti.

7.10.07

Lo spot antipirateria, i bisogni del target e i soldi buttati...

Introduciamo subito il colpevole: lo spot antipirateria che ci accompagna prima di ogni proiezione al cinema




Non discuto del merito, non è un post sulla morale del diritto d'autore ne una sua variante, è semplicemente un post che cerca di analizzare uno spot che per come è impostato è probabilmente il peggio riuscito della storia..

Uno spot dovrebbe nella teoria della comunicazione:

  • - esemplificare una necessità ovvero un bisogno
  • - proporre un prodotto in grado di esaudirla attraverso alcuni benefici specifici
  • - spiegare le ragioni per le quali il prodotto è in grado di dare i benefici promessi
Ovviamente il bisogno ed il prodotto devono essere pensati per un target specifico.

Nel caso dello spot in questione la domanda è: quale è il target?
I giovani tecnologicamente smaliziati che usano la rete per scaricare contenuti protetti dal diritto d'autore?

La risposta pare essere affermativa visto il taglio che viene dato allo spot: musica incalzante, ritmo serrato, montaggio "atletico".

Ma se il target è quello dei giovani quale è il bisogno che stiamo cercando di esaudire?
La risposta sembra incredibilmente essere: IL BISOGNO DI LEGALITA' ovvero il BISOGNO DI NON TRASGREDIRE

PECCATO CHE TUTTI SANNO CHE I GIOVANI VOGLIONO TRASGREDIRE E HANNO "BISOGNO" DI TRASGREDIRE!

Il presupposto è quindi sbagliato e il parallelo che si fa tra il furto di un oggetto e il furto di un film è assolutamente incentivante rispetto al desiderio di trasgressione, sostanzialmente lo spot ottiene un effetto inverso, infatti la retorica dello spot è:

"Non ruberesti mai un auto"
"Non ruberesti mai una borsa" ecc ecc.

Il pensiero inconscio che esprimerebbero i giovani al di fuori delle normali sovrastrutture nelle quali vivono (legge, famiglia ecc ecc) è:

"SI,ruberei!"
"SI, trasgredirei!"

Quindi lo spot alimenta il bisogno di trasgressione, fornisce tragressione a buon mercato, da la possibilità di sentirsi ladri, lestofanti, malfattori senza in realtà rischiare niente.
E' il paradiso del target a cui si rivolge, il fatto che il bisogno che va a soddisfare sia diametralmente opposto a quello sperato è solo un piccolo incidente di percorso...

Per inciso io avrei indirizzato uno spot antipirateria ai genitori, loro si che sarebbero interessati al rispetto delle regole, le multe salate sono tipicamente un onere del genitore e quindi chi meglio di lui può proteggere il diritto d'autore??

27.9.07

Californication

Ok lo ammetto, non so niente di questa serie, ho solo letto un post su Macchianera che mi ha intrigato.

A breve spero di dirvi di più, intanto per approfondimenti leggete qui

13.9.07

America's favorite serial killer is back



DEXTER è un uomo solo ma non troppo, è meticoloso ma non sempre, è simpatico ma non tanto, è affettuoso se rischiesto, non prova sentimenti ma li finge, lavora per la polizia ed è un serial killer...

Diciamoci la verità i "cattivi" o "villain" per dirla in inglese sono da sempre i personaggi più accattivanti del piccolo e grande schermo, non seguono stupide convenzioni sociali e sono tremendamente affascinanti.

Volete mettere il fascino di Jack


Con quello di Wendy.........?


Insomma chi non tifava per Freddy quando si infiltrava nei sogni di un gruppo di noiosissimi e spocchiosi adolescenti americani? Chi non ama alla follia Annibal Lecter e i suoi commensali?

Diciamo che Dexter ci permette di tifare per un cattivo che seppur seguendo un codice d'onore (uccide solo altri serial killer o persone che "se lo meritano) non fa altro che uccidere in maniera orribile essere umani.
Il personaggio sembra tagliato con l'accetta ma nasconde molte sfaccettature e piano piano scopriamo di come le emozioni che si sforza di fingere in realtà non gli sono del tutto estranee.
La continuity della serie si snoda fra gli omicidi di Dexter e quelli di un altro serial killer sui quali lo stesso Dexter si trova ad indagare come "esperto in analisi sul sangue". Gli eventi si connotano presto in una sfida che come prevedibile nasconderà parecchie sorprese.

Si inserisce nel filone di telefilm scorretti e contenti di esserlo, ma mentre "The Shield" e "OZ" indugiano sulla violenza fisica Dexter lo fa su quella mentale. Siamo costretti a sentire i pensieri di un serial killer e a "comprenderne" le ragioni malate, che però lo rendono coerente e quindi quasi apprezzabile. Ovviamente non si discutono gli aspetti morali delle azioni quanto piuttosto il fatto che esse siano rappresentate semplicemente come espressione di una mente malata affascinante ed accattivante che nello sforzo di comportarsi normalmente ci fa da specchio e mette in luce quanto di più ridicolo esiste nella nostra società.

Assolutamente da non perdere

6.9.07

Interfaccia Brain-To-Game



Ci sono post che esistono solo per segnalare approfondimenti che l'autore ritiene di interesse, questo è uno di quelli! ^_^

Su Wired c'è un interessante articolo sui rischi delle interfacce di prossima generazione per il controllo tramite onde cerebrali di software di intrattenimento.

In effetti il concetto di feedback nel caso del cervello potrebbe essere pericoloso, ovviamente non mi aspetto che tutto questo si risolverà in un vero ostacolo verso un percorso che anche attraverso la realtà aumentata porterà ad un nuovo modo di intendere le "macchine".

Buona lettura

4.9.07

Nuove interfacce crescono




Qualche tempo fa parlammo di realtà aumentata e degli sviluppi relativi.

Il mondo della rappresentazione attraverso gli ologrammi potrebbe presto incontrare quello della realtà aumentata e permettere non solo di vedere proiettata la nostra immagine in un contesto "aumentato" ma di vederci inseriti in un sistema olografico come se questo ci avvolgesse.

Sembra un'idea presa da Star Trek ma già oggi è realtà un'applicazione per la proiezione di ologrammi 3d visualizzabili da ogni angolazione che a conti fatti permette di camminare intorno ad un oggetto come se questo fosse reale.

Direttamente dal Siggraph 07 è possibile ammirare come il mondo delle interfacce stia per subire un salto, molto probabilmente a partire da applicazioni professionali o di intrattenimento.

Ecco il video


27.8.07

"Perchè i telefilm sono diventati più importanti del cinema e dei libri"


Prendo spunto dal bellissimo libro di Aldo Grasso "Buona Maestra" che oltre ad una storia completissima del telefilm ne approfondisce non solo i caratteri che ne hanno decretato il successo verso il pubblico ma anche gli elementi che lo rendono ambito e preferito fra artisti del calibro di Lynch.

In particolare in un passaggio vengono individuati tre cardini:

  • La lunghissima durata del racconto --> possibilità di introdurre gli elementi della fabula in modo graduale per aumentare la suspance, possibilità inoltre di approfondire la psicologia dei personaggi. In particolare la durata commerciale di alcuni film rappresenta un grosso limite in questo senso
  • La struttura ad episodi --> permette di dilatare la storia, di interromperla e riprenderla, di introdurre nuovi riferimenti e lasciarne alcuni nell'ombra. Come i rami di un albero che l'occhio non riesce più a distinguere nel loro vorticoso incrociarsi ma che completano la struttura di un albero in una chioma perfetta
  • La modalità di fruizione --> questo elemento è di particolare interesse. Il telefilm elegge il suo luogo nella casa, come i romanzi dell'1800 entra nell'intimità delle persone che non si sentono in un luogo altro (come nel caso del cinema) ma sono avvolte dalla storia in un contesto che le rassicura e che quindi le coglie con le difese abbassate nei momenti di climax.
Ovviamente il cinema gode della fantastica arte della sintesi, in effetti il saperla dominare è uno dei segreti dei grandi cineasti, in ogni caso forse in questo più che in altri aspetti il Telefilm deve recuperare nei confronti del cinema.
Spesso i telefilm hanno un numero di episodi stabilito in base a razionali economici e di mercato e in alcuni casi questo cozza con la completa possibilità di sfilacciare la storia nel giusto numero di appuntamenti

23.7.07

Chi ha bisogno delle classifiche?


Internet è il medium destrutturato per eccellenza, non ci sono palinsesti, non esistono occhielli, non c'è un modo prestabilito per guidarne la fruizione.

Degli ultimi tempi la polemica nella blogosfera sul tentativo che fanno alcuni di darle una struttura per creare un ranking fra i blog ed eleggerne i più "bloggosi"...

In effetti questo fenomeno delle classifiche dei blog mi sembra solo un sintomo di una tendenza che ultimamente sta pervadendo tutta internet.
Il medium che per eccellenza costringeva la propria utenza a reinventarsi un percorso mentale ad ogni accesso sembra che ora si stia avvitando intorno a svariati tentativi di dare un ordine al disordine.

A guardare i titoli dei post dei blog tematici o le pagine dei più visitati quotidiani on line non passa giorno senza che ci sia qualcosa del tipo "I 10 film più belli della storia", "I 100 siti più visitati", "I 50 blog più influenti" ecc ecc.

Tutti vogliono guidarci e farci capire cosa leggere e perchè.. Sappiamo tutti che internet necessita un grosso impegno per la razionalizzazione dei contenuti ma siamo sicuri che la "classifica" sia il metodo più corretto?

A mio parere il giudizio oggettivo che dovrebbe scaturire da una classifica è completamente insensato, per questo immagino che in un prossimo futuro assisteremo ad un forte sviluppo di strumenti web 2.0 che possano suggerire in maniera profilata quali sono i contenuti più interessanti giudicati tali da persone affini.

Devo ancora trovare un approccio decisivo in questo senso ma spero vivamente che quando sarà di uso comune le classifiche andranno in pensione definitivamente.

19.7.07

IPTV TO HD

Per chi non avesse capito niente del titolo rimando a questo mio post di qualche tempo fa.
Ultimamente sembro in vena di autocitazionismo narcisistico (....) ma devo dire che inizio ad avere conferme dello scenario cha avevo ipotizzato, ovvero dell' IPTV come prossimo driver per l'alta definizione e quindi come driver di contenuti televisivi in generale e del prossimo big next step (ovviamente parliamo dell'Italia).

I big ancora non sono scesi in campo ma nello scenario italiano già si vedono i semi di quello che vedremo in futuro, in particolare mi riferisco a piccoli ISP che sembrano puntare sul mondo IPTV soprattutto per la sua declinazione HD.

Indico quindi per approfondimenti questo articolo di OneAdsl , di mio posso aggiungere che sostanzialmente siamo all'inizio di quell'era che prefiguravo fare finire il duopolio della televisione italiana nel giro di qualche anno.



18.7.07

Second Life... storia di un disastro annunciato


Qualche mese fa (in tempi non sospetti direi) mi sono dilungato sul fenomeno in questione e sul perchè fosse sostanzialmente una delle tante bolle a scoppio ritardato della new economy destinata ad implodere nel nulla.

Oggi leggo con piacere sul Los Angeles Times che sostanzialmente tutti i miei dubbi erano leciti e alla prova dei fatti Second Life sta dimostrando la sua natura limitata.

Sostanzialmente il tema del numero clienti è quello più significativo, degli 8 milioni di millantati utenti ce ne sono meno di 100.000 attivi nello stesso momento.

Inoltre si scopre che tutte le società (americane) che avevano attività su Second Life lo stanno abbandonando precipitosamente poichè dopo il primo ovvio e risicato vantaggio in termini di branding e presenza sui mezzi di comunicazione sostanzialmente si sono rese conto che non ha senso proporre prodotti virtuali che non soddisfano bisogni reali...

L'Italia in ritardo come al solito si affaccia ora su questo mondo ed oggi stesso su una testata Free Press mi sono ritrovato a leggere un articolo riguardante una società di assicurazioni che con orgoglio presentava la sua polizza "per problemi di teletrasporto in Second Life"... Il tutto condito con una strana intervista nella quale si sosteneva che questa iniziativa avrebbe contribuito ad aumentare le assicurazioni reali...

A mio parere i creatori di Second Life sono stati molto bravi ad agire sul loro vero target, i professionisti della comunicazione.
Sostanzialmente hanno fatto credere ad improbabili ed inesperti pionieri del marketing on line che per essere "cool" si doveva essere su Second Life.
Purtroppo la realtà e le tendenze di internet si trovano in altri ambiti e non mi stupisco (come già sottolineato al tempo) che alcuni si stiano già rivolgendo ad altri mondi persistenti on line....

Aggiungo una nota... Il sito di Repubblica sembra aver puntato moltissimo sul fenomeno Second Life fino a pubblicarne una guida.. Mi chiedo se i continui e ripetuti interventi su questo mondo fossero solo strumentali alla vendita della guida o se realmente gli articolisti della famosa testata credessero nel "fenomeno" SL...

12.7.07

I soldi, i videogiochi e chi non capisce

Prendo spunto da una news di Punto-Informatico perchè mi sembra che ultimamente fra polemiche risibili, caccia alle streghe e censure preventive si sia perso di vista l'elemento di più grande interesse del mercato videoludico: genera una quantità spropositata di danaro.

E' strano quindi che anche negli USA dove i soldi sono una religione ci si accanisca contro i videogiochi più o meno come accade qui in Italia. Si discute di censure, di violenza infantile e di genitori privi di capacità di controllo e si trascura l'evidenza: 7,4 miliardi di dollari di fatturato.

Cito il secondo elemento di sicuro interesse:

"il 60% delle famiglie statunitensi usa videogiochi, l'età media dei gamer è di 30 anni, mentre l'acquirente medio è prossimo ai 40 anni"

E' possibile che le polemiche contro il medium del videogioco siano frutto di una profonda ignoranza, se non conosci eviti e il distacco è facile precursore della critica.

Rimane inspiegabile ai miei occhi come almeno in Italia il mondo economico/industriale non abbia preso atto di cosa sia il medium del videogioco ed è un dato di fatto che l'Italia non può esprimere una vera industria del settore.
E' sufficiente scorrere il sito degli sviluppatori italiani di videogiochi per capire che quasi tutti sono impiegati all'estero....

In Italia gli incentivi per l'innovazione vengono assorbiti dalle imprese in strampalati progetti senza peraltro investirli in terreni fertili con grossi margini di crescita.

Abbiamo perso ancora una volta l'occasione di essere produttori, anche in questo settore dobbiamo rassegnarci ad essere solo distributori e consumatori.

29.6.07

I media e il tempo: da quando le lancette dell'orologio non indicano più l'ora

Con questo post inauguriamo una serie di approfondimenti sui Media e il Tempo.

Da quando i media sono entrati nelle nostre case, nelle nostre vite e sui nostri corpi molte cose sono cambiate, una di queste è sicuramente la percezione del tempo.

Il tempo libero è diventato l'obiettivo primario di ogni mezzo di comunicazione, la risorsa scarsa per eccellenza è il luogo dove si innestano i meccanismi della comunicazione di mercato.

Il tempo è stato ricostruito e i media hanno elaborato la capacità di renderlo flessibile durante la loro fruizione.
I tempi filmici, visuali, della lettura sono analizzati e strutturati per ottimizzare la capacità di assimilazione dell'utente target.

Ovviamente oltre al discorso tecnico i media hanno ripensato il tempo anche da un punto di vista autoriale, il cinema in particolare nella sua storia ha esemplificato a più riprese il fatto che il tempo non è una variabile scontata iniziando a trovare nell'intreccio piuttosto che nella fabula il vero luogo dell'analisi.

In ogni caso il primo esempio che vorrei mostrare non è cinematografico quanto invece televisivo, in particolare un video musicale dei REM: Imitation Of Life

Il video sfrutta incredibilmente bene le potenzialità delle nuove tecnologie digitali e riprende una scena di pochi secondi che si ripete in loop e che viene "portata avanti" narrativamente "zoomando" su alcuni particolari piuttosto che altri.
Il tempo in questo caso viene dilatato e la sua misurazione in effetti perde quasi significato.
Un perfetto esempio di cosa il titolo del post voleva comunicare
Buona visione!

22.6.07

I Media e la Realtà: quello che vedi nella sfera di cristallo è tutto vero, ma se non avessi guardato…

Un nuovo post del ConTe per Mediablog

I media sono nati per raccontare il mondo e hanno finito per cambiarlo, perché il mondo quando si è accorto di essere davanti all'occhio indiscreto della macchina da presa, dopo il primo timido imbarazzo, si è fatto vezzoso e compiacente.

E questo è il più grande paradosso che la nostra quotidianità interconnessa ci rimbalza attraverso i cristalli liquidi: i mezzi di comunicazione se sono maliziosi danno un'immagine fasulla perché artificiosamente corrotta, se sono (ingenuamente) virtuosi ci danno un'immagine distorta perché è comunque differente da quella che avremmo potuto apprezzare osservando coi nostri occhi, senza schermi interposti.

Per semplificare il concetto mi concedo un esempio, per complicarlo una riflessione scientificofilosofica.

L'effetto dei media su tanta parte dei "fenomeni" di politica, cronaca, sport, spettacolo, costume, etc è quello dell'obiettivo della macchina fotografica quando è puntato sul viso della vostra ragazza: dopo l'iniziale riluttanza lei prenderà a sistemarsi i capelli e poi, a prescindere dal momentaneo stato del (volubile) umore, si atteggerà a un'espressione lieta, magari porgendo all'obiettivo il profilo che ritiene migliore.

Il mondo che ci restituisce il tubo catodico dunque, nel migliore dei casi è un mondo che si è appena pettinato, che ostenta sorrisi o lacrime, che sono lì solo per comporre una realtà la cui intima ragione è quella di essere comunicata (trasmessa) e vista,
prima ancora che "vissuta".

E adesso la riflessione pomposa.

Il fisico tedesco Werner Karl Heisenberg nel 1927 ha enunciato un principio universalmente noto come Principio di Indeterminazione (sebbene si tratti a tutti gli effetti di un teorema) che non soltanto ha rivoluzionato il mondo della fisica ma ha avuto un effetto prepotente sulle coscienze degli intellettuali contemporanei scardinando l'assoluta fede che la scienza si era conquistata nel secolo positivista e sbattendo dietro di sé la porta che era rimasta socchiusa.

L'enunciazione del principio in parole poverissime è questa: "Non possiamo conoscere simultaneamente la posizione e la quantità di moto di un elettrone". Al di là delle dotte disquisizioni scientifiche e delle complesse equazioni differenziali che supportano tale enunciato, ciò che ci interessa nel presente contesto non è il suo significato nell'ambito della neonata scienza quantistica né tantomeno il significato assunto nel travagliato mondo della cultura umanistica (il grado di certezza a cui possiamo pervenire attraverso la scienza non è indefinito). Quello che ci interessa è la sua prima, erronea interpretazione, di cui in un primo momento lo stesso Heisenberg era convinto e che tutt'oggi (nonostante sia stata pubblicamente rinnegata) riscuote molto successo (la mia professoressa di Scienze del liceo ne era fermamente convinta). Questa interpretazione dice: "Non possiamo conoscere la posizione dell'elettrone in un dato momento perché l'atto della misura produce un disturbo sul moto della particella che la porta ad occupare una posizione differente da quella che la stessa avrebbe occupato in assenza dell'operazione di misura". Ovvero, il solo fatto di osservare il fenomeno, cambia il fenomeno stesso. E quindi interpretando il primo (acerbo) Heisenberg siamo tornati ai media, per dire "osservando il mondo i media hanno provocato su di esso un effetto che lo ha cambiato".

Ma fino a qui abbiamo lasciato scivolare parole, ora caliamoci nella "realtà" che ci circonda.

La politica è cambiata coi mezzi di comunicazione:

  • si è accentuata la spettacolarizzazione da una parte e la personalizzazione dall'altra;
  • i politici sono meno retori e più retorici, meno carismatici e più divi, meno filosofi e più venditori;
  • il messaggio della politica agli elettori si è via via semplificato e ristretto, finendo per incarnarsi in slogan che abbracciano luoghi comuni e rifiutano come dispersivi i concetti di approfondimento delle problematiche e sfaccettamento della realtà.

Lo stesso sistema elettorale maggioritario, probabilmente, è in buona parte figlio della televisione. Potremmo proseguire ancora a lungo ma usciamo dalla politica. Anche lo sport si è adattato alla televisione, le partite di calcio si giocano tutti i giorni della settimana e siamo stati a un passo per inserire i timeout all'interno dei 90 minuti in modo da gestire meglio gli spazi pubblicitari. La pubblicità avvolge tutto lo spettacolo dal fondo del campo da gioco ai polpacci dei giocatori.

E questo andando a considerare solo il lato "reportistico" del mezzo di comunicazione, e non il suo aspetto di strumento di intrattenimento. Ovviamente la nostra vita quotidiana è stata rimodellata nei suoi ritmi e nei suoi tempi dalla televisione come mezzo di intrattenimento, ma insisto, non è questo l'oggetto della discussione, bensì il valore reportistico del mezzo di comunicazione.

A questo punto potrei proseguire a oltranza fornendo esempi a supporto delle mie tesi e puntando il dito indice contro il demone, ma non è questo il mio obiettivo, o quantomeno, non è questo il suo contesto, perché la mia riflessione sarebbe monca se non prendesse atto del ruolo svolto dai nuovi media, quelli che della televisione sono i nipoti e della quale hanno ereditato alcuni difetti e qualche pregio.

Ma è opera troppo ambiziosa per un semplice blog, dunque lancio il sasso e nascondo la mano, ma lo stagno, le acque smosse in circoletti concentrici siete voi, allora non indignatevi se non vi ho rivelato il nome dell'assassino e lasciatevi attraversare dalle domande: anche internet sta cambiando il mondo? Internet perpetrerà l'inganno o ripararerà ai danni fatti dalla televisione? Non conosco la risposta ma vi sussurro un suggerimento: dipende tutto da te. Dipende dalla coscienza che hai nell'usare lo strumento.

15.6.07

Del perchè i giornalisti copiano Lost

In Italia non esiste un vero giornalismo, quello che abbiamo è una sorta di analisi e/o commento dei fatti del giorno, per lo più ripresi dalle più famose agenzie come l'Ansa.

Ai giornalisti nostrani manca quasi del tutto la capacità di fare inchiesta (fanno eccezione Report ed ironicamente qualche servizio delle Iene e di Striscia), sostanzialmente si riducono ad uno sterile "chiacchericcio" che solo in rari casi aggiunge del valore allo scarno evento di turno.

Questo approccio non sarebbe di per se scandaloso, purtroppo però i giornali e i giornalisti rispondono non solo all'etica dell'informazione ma anche a gruppi politici e nel caso della televisione soprattutto agli ascolti.

Quindi il commento e/o analisi di turno quasi naturalmente viene mediata per perseguire un determinato scopo che raramente è quello dell'approfondimento della realtà delle cose.

Tutti hanno imparato dalle ultime esperienze mediatiche (trilogie/quadrilogie al cinema, telefilm con una forte continuity come Lost e Heroes ecc. ecc.) che in questo momento storico "tira" il mistero in se e non la sua risoluzione.

Quindi, caro lettore, quando vedi un programma di approfondimento giornalistico su un tema tipico che può essere Cogne piuttosto che Rignano o l'ultimo fatto politico stai pur sicuro che lo scopo della trasmissione non sarà assolutamente quello di "svelare" ma quanto più quello di intrigare e di rimandare ad "una prossima puntata"....

L'ipocrisia di fondo è che l'approfondimento dovrebbe portare a capire invece siamo continuamente riportati alla confusione perchè gli autori evitano accuratamente di porre domande e questioni in qualche modo "risolutive".

La conclusione che ne possiamo trarre è che l'approfondimento vero non passa per programmi televisivi come quelli di Vespa e di Mentana.
Non è un caso che Mentana stia preparando una "docu-fiction", proprio a sottolineare il carattere ibrido del programma di approfondimento medio.

In conclusione:
se vuoi rilassarti con una bella storia potresti anche guardarli ma a quel punto è meglio un bel telefilm che sicuramente è creato da persone più esperte e capaci nel gestire la finzione....

13.6.07

Davide contro Golia

MediaBlog da oggi ha uno stimolo in più.

Ho recentemente scoperto che inserendo su Google la parola "mediablog" il mio blog non compare più come primo risultato. Ho verificato quindi che c'è un nuovo Mediablog portato avanti niente meno che da Marco Pratellesi del Corriere Della Sera che compare prima del mio blog.

Inutile dire che quel posizionamento era stato lungamente cercato e studiato e che questa "sorpresa" mi ha colto un pò infastidito, se non altro perchè il nome del Blog è sostanzialmente identico pur cambiando la piattaforma di blogging.

In ogni caso non esiste un copyright per i nomi dei blog quindi questo post non vuole in nessun caso essere polemico.
Resta il fatto che il blog di Pratellesi viene "dall'alto", come tale gode di una facilità di posizionamento e di riferimento non indifferente, per questo l'idea di riportare il Mediablog originale al primo posto mi solletica particolarmente.

Ma la blogosfera è la vera rivoluzione che tutti pensavano se a conti fatti un contenuto che scende dall'alto ha immediatamente più successo di uno che non lo è?

8.6.07

Jericho sopravvive

Un breve aggiornamento sulla sorte di Jericho, il telefilm della CBS che sembrava destinato ad essere interrotto bruscamente alla fine della prima stagione avrà un seguito.
Probabilmente una miniserie che concluderà la vicenda così sapientemente lasciata in sospeso.

Leggete Qui e qui per avere maggiori informazioni.

1.6.07

15 minutes of fame, ovvero come non parlare di Allison parlando di Allison

Col presente post MediaBlog dà il benvenuto a ConTe nello staff

Nella giornata di ieri 30 Maggio 2007 tutti i principali contenitori, aggregatori e raccoglitori di "notizie" sparsi sul web adornavano la propria home con una foto e un trafiletto dedicato ad Allison Stokke tale diciottenne californiana dal viso gentile e il fisico atletico che a quanto pare deteneva la singolare peculiarità di:

- essere una ragazza normale,
- essere diventata celebre suo malgrado,
- rigettare tutto il clamore cresciuto attorno a sé col desiderio di rientrare nei ranghi della propria intima quotidianità, o qualcosa del genere.

Un suo video finisce in Rete
E fa il giro del mondo


La tipa era presentata come fenomeno WEB del momento e l'affermazione veniva suffragata da una serie di zeri:

- un video visionato ben 150.000 volte su Youtube;
- 300.000 pagine individuate da Google che contenenti riferimenti a lei;
- svariate decine di siti non ufficiali a lei esclusivamente dedicati;
- innumerevoli conversazioni su blog forum chat etc che avevano lei stessa come oggetto della discussione.

L'apprendimento di queste informazioni ha stimolato in me una serie di riflessioni che riguardano Allison solo marginalmente e che, in un modo o nell'altro, girano tutte attorno ai veri protagonisti di questa notizia, i mezzi di informazione/comunicazione (che oggi sono la stessa cosa, no?).

La prima riflessione, dalla quale scaturiscono tutte le altre, è "certo che oggi non ci vuole niente a finire sulla bocca, nei pensieri e sotto gli occhi di milioni di persone". Ma si tratta di un concetto ancora un po' grezzo, vediamo di affinarlo.

I "media" guidano le nostre percezioni veicolando informazioni alla velocità della luce da un capo all'altro dei due emisferi: un contenuto accattivante e ben "canalizzato" avrà crescita esponenziale garantita, come una diceria maliziosa proferita nella piazza del paese si autoalimenta e diventa in breve autosufficiente: più ne parlano e più se ne parla, al di là di cosa effettivamente riguardi.

Così alla news di internet è sufficiente superare una soglia critica di contatti e poi, come una palla di neve che rotola giù dal monte, crescerà a dismisura e senza più bisogno di appoggi esterni.

A quel punto è diventata notizia di fatto: "oggi tutti parlano di", vediamo quali sono gli ultimi sviluppi.
Questo video l'avranno visto 100.000 persone, ci sarà per forza qualcosa da vedere.

Noi dunque guardiamo Allison che fa il salto con l'asta non perché sia la più brava o la più bella ginnasta espressa dall'attuale generazione di atleti targati USA, non perché rappresenti un modello o incarni aspirazioni/realizzazioni di una precisa categoria di persone ma per il fatto che il video che riguarda questa graziosa ragazza è già stato visto da molti e dunque ci incuriosisce sul suo contenuto. La notizia infatti non sta più nel fatto che esista una bella ragazza che fa il salto con l'asta, probabilmente ce ne sono tante, magari anche più carine o provocanti, la notizia è che c'è un video che hanno visto centocinquantamila persone che ha reso popolare una ragazza comune senza che lei facesse nulla per balzare agli onori della cronaca.

Ma il messaggio sottile che ho letto tra le righe dei trafiletti è un altro: "la notizia è che c'è una notizia che non è una notizia". Internet è il mezzo di comunicazione autoreferenziale per eccellenza, ha spostato chilometri avanti quella frontiera già ampiamente spinto dai media della generazione precedente: più ancora di stampa e televisione internet vive delle sue creature e probabilmente ancora più dei suoi antenati ha bisogno delle sue creazioni per sopravvivere (per la TV ad esempio avremmo potuto dire "che cos'è Canale 5 senza Mike Buongiorno?").

Lasciamo stare il patetico grido di aiuto lanciato dalla graziosa Allison, vittima di una celebrità non voluta: Allison goditela finché dura, e fai bene a dire qualcosa di inatteso se vuoi continuare a cavalcare l'onda.

Ma dentro la notizia quello che dobbiamo capire è che si tratta semplicemente di un moto di orgoglio di internet che, sornione, vorrebbe convincerci della validità di quanto detto Andy Warhol nel lontano 1968: "In the future, everyone will be world-famous for 15 minutes".

Potremmo poi discutere sul fatto di come internet abbia accelerato i tempi di creazione e distruzione di un mito: prima che la Lecciso finisse in prima pagina su tutti i periodici era già un po' che se ne parlicchiava sui rotocalchi e prima che scomparisse nell'oblio dei media ci toccò sorbirci una lunga dissolvenza. Di Allison invece, fino a ieri nessuno al di fuori di Orange County sapeva niente, e domani (cioè già oggi) nessuno parla più. Questo non vuol dire che però i 15 minuti prima o poi ci saranno per tutti.

Lasciamo stare i triti e ritriti discorsi sulla prematura caducità della celebrità, i discorsi sulla necessità di apparire (nel mondo mediato) che abbiamo per esistere (nel mondo immediato) e tutte le sue conseguenze che queste affermazioni comportano (se ci sei in quanto io ti vedo, se io smetto di vederti non esisti più?) e inchiniamoci a internet e ai suoi padroni.

Lui è lì che lucida le sue mostrine e a noi, ignari internauti illusi di esserci conquistati la libertà una volta scambiato il telecomando con il mouse, non rimane che riflettere sulla effettiva portata di questa rivoluzione e sulla libertà che ci rimane se, dopo aver superato le nostre quattro pareti, esploriamo il mondo camminando in fila indiana.

21.5.07

Il marketing di noi stessi

Con la nascita del web ciascuno di noi lascia orme abbastanza marcate sul terreno digitale della grande rete.

Molti hanno un Curriculum on line, molti scrivono sui forum e frequentano le community degli hobby che li appassionano, molti chattano con sconosciuti, molti mettono a disposizione foto e video personali su un sito per farli vedere agli amici, molti aderiscono a petizioni on line.

Ovviamente tutto questo contribuisce a creare un nostro "io" digitale che ci rappresenta in parte ma che come ogni forma mediata di espressione crea un "io" virtuale che può essere o meno somigliante a quello che ci piace vedere nello specchio la mattina.

In effetti queste azioni apparentemente innocue oltre a mettere a rischio la nostra privacy hanno conseguenze non controllabili e soprattutto a lunghissimo termine.
Il caso più citato ultimamente è quello del classico selezionatore delle Risorse Umane che "googla" per cercare tracce del candidato, lo stesso viene quindi valutato sulla base di quello che ha "recitato" durante il colloquio ma viene anche scandagliato a 360°.

E' inutile dire che siamo in continua evoluzione e che quindi quanto pensato e scritto anni fa non ci rappresenta se non in parte, la rete però ha una memoria infinita e per questo non se ne può prescindere.

Le conseguenze del nostro operato on line contribuiranno a costruire una sorta di "biografia personale non autorizzata"...

Ma siamo sicuri di volerlo?
Quante volte siamo cambiati nella vita e quante volte abbiamo scritto e detto alcune cose senza pensarle veramente?

Saremo costretti veramente a presentarci in rete come un prodotto da vendere?

Nasceranno delle società specializzate nella cancellazione delle nostre memorie on line?

20.5.07

Save Jericho, Save the World

Il mondo è distrutto dalle esplosioni atomiche...

due piccoli paesi della provincia americana stanno per iniziare una guerra post-atomica per contendersi le poche risorse rimaste...

sullo sfondo è possibile vedere la creazione di nuove entità politiche che sono solo un lontano ricordo dei vecchi USA...

In tutto ciò la CBS cosa fa? Cancella Jericho e ci fa perdere un'altra buona occasione per vedere della buona fiction... Ne ho parlato bene tempo fa e devo dire che dopo un momento fiacco di metà stagione la serie ha dimostrato grandi potenzialità.

Per questo aderisco all'appello in perfetto stile WEB 2.0 ripreso anche da Tvblog per chiedere alla CBS di ritornare sui suoi passi.




Speriamo in sviluppi positivi...

14.5.07

La Fine del Mondo

Diciamo subito che il tema ha mercato: libri, film e musica si sono buttati a capofitto sul discorso e immaginare che tutto prima o poi finisca in un unico grande evento probabilmente nasconde qualcosa di consolatorio o catartico che stimola la maggior parte delle persone.

Alcuni incrociano questo tema con la paura di essere soli e senza scopo nell'universo, quindi gli alieni verranno a distruggerci... un misto di senso di colpa e voglia di espiazione che trova nei film "invasione da fine di mondo" la sua migliore rappresentazione.

Cito qualche opera fra le mie preferite:

La Notte dei Morti Viventi - Il primo di una lunga serie di film in cui finalmente i morti ci vengono a chiedere spiegazione degli errori commessi in vita, claustrofobico ed accecante nella sua lucidità.
Qui in versione completa!








L'ultimo Uomo della Terra - Tratto da "Io sono leggenda" di Matheson racconta come l'ultimo uomo sopravvisuto sulla terra stia cercando di sopravvivere in un mondo di vampiri..




Il Dottor Stranamore - Ovvero come Kubrick spiegò al mondo che la fine del mondo è una barzelletta che fa ridere e morire. "L'arma di fine di mondo" diventa l'emblema dell'infinita stupidità umana, ma basta cavalcarla come se fosse un toro per illudersi che tutto può finire bene.



The War of the Worlds - da Orson Welles un programma radiofonico che gettò nel panico migliaia di persone negli USA che confusero la narrazione con la realtà. Nella sua descrizione "avevamo sottostimato l'estensione della vena di follia della nostra America"...




In effetti sembra che in tutte le interpretazioni ci sia un unico grande evento che improvvisamente metta fine alle nostre sofferenze.
Il tema mi ha sempre affascinato e lo spunto per il post viene da questo articolo scovato su Ecoblog: http://www.ecoblog.it/post/3422/co2-e-attacchi-di-panico

  • E se la fine del mondo avvenisse lentamente?
  • Se fra qualche anno la concentrazione di anidride carbonica ci facesse impazzire tutti?

Ovviamente è più probabile che ci si estingua per qualche altro problemino (virus o altro) ma sarei curioso di vedere qualche opera su questo tema, magari una serie televisiva.
Probabilmente Jericho è ancora troppo legato all'idea della grande bomba per essere in tema.

Nel frattempo consiglio a tutti la visione di "Una scomoda verità" , forse la cosa che per ora si avvicina di più a quello che ho in mente.

10.5.07

Ancora sul videogioco violento...

Oggi Beppe Grillo ha scritto un post sulla violenza in tv, non so se la conclusione alla quale arriva sia vera (ovvero che tanta violenza non può che generare violenza) ma mi stupisce come la violenza in tv sia in effetti un fenomeno che suscita ben poco scalpore rispetto alle cicliche rivolte popolari contro il videogioco violento di turno.

In ogni caso il passaggio più ironico del post è anche il più interessante:
"All’inizio dei film metterei il numero di assassini, che so 58, 231. Uno si sa regolare. E nei titoli di coda, accanto agli interpreti, le causa del decesso."

In effetti nei videogiochi questo tipo di attenzione già esiste, i videogiochi violenti hanno ben chiaro evidenziato sulla confezione che il contenuto non è adatto a non adulti, in tv invece oltre ad un "bollino" temporaneo non è possibile identificare a priori un contenuto violento.

Che il mondo del videogioco debba essere considerato più evoluto di quello televisivo?

6.5.07

Psicopatologia degli oggetti quotidiani

Lo spunto del post è "La caffettiera del masochista" un bellissimo libro di Norman (ormai di qualche anno fa) che attraverso l'analisi di molti oggetti comuni ne evidenzia la difficoltà d'uso dovuta soprattutto ad errori di design.
Il libro va oltre e aggiunge che gli errori di design sono sostanzialmente dovuti alla non conoscenza del funzionamento dei meccanismi del cervello umano.

Non nego che questo libro mi ha "liberato", in effetti si legge a più riprese che molte persone che come me credevano di essere affette da un'incapacità ad usare gli oggetti più semplici in realtà sono vittime del cattivo design industriale.

Googolando un pò in giro sul tema ho scoperto delle risorse interessanti che vi segnalo:

il sito di Norman (autore del libro)
il sito di Kevin Kelly (con una bellissima sezione sui "cool tools")

Ma soprattutto trovo geniale questo sito:
howtoopenthings.com
Dove è possibile reperire tantissimi filmati che mostrano "come fare ad aprire il..".
Il tutto è condito da un meccanismo di voto sui filmati proposti a risoluzione di ogni "dilemma" proposto...

4.5.07

Fuori dai Marketing Blog Playoffs!

E' finita per Mediablog la bella avventura nei Marketing Blog Playoffs.
In effetti il mio avversario mizioblog è sicuramente da annoverare fra i migliori della competizione e devo esser franco:
se avessi fatto parte della giuria avrei votato per lui ^_^

Rimane il piacere di aver partecipato alla competizione e di aver scoperto molte realtà interessanti.

2.5.07

Accanirsi sul cliente è low cost?

A volte mi chiedo se la famosa "marketing miopia" sia qualcosa che almeno nelle grandi aziende sia possibile evitare.

Ho sperimentato negli ultimi tempi i servizi di una nota compagnia aerea irlandese low cost che serve molte tratte italiane.
In particolare mi sono concentrato sulla tratta Milano-Roma constatando che il viaggio in treno spesso risultava anti-economico rispetto ad un viaggio prenotato con il dovuto anticipo con la sopra citata compagnia low cost.

Il livello del servizio è stato sempre sulla soglia dell' "accettabile", in effetti i continui ritardi ed hostess a dir poco imbarazzanti possono recare disturbo ma la consapevolezza di risparmiare tempo (circa 45 minuti considerando anche i tempi di percorrenza per arrivare in aereoporto) e denaro fa chiudere un occhio.

L' evento che mi ha fatto tornare a pensare al treno è scaturito dallo scandaloso stato delle nostre autostrade che ha causato un ritardo della navetta ed un conseguente mio arrivo fuori tempo massimo al check in.
Ho scoperto con delusione che i sistemi della compagnia non sono flessibili e che quindi superando di soli 3 minuti la soglia temporale prefissata (37 minuti prima del volo invece di 40) ci si trova di fronte all'impossibilità di imbarcarsi sul proprio volo.
Fin qui in effetti niente di eclatante, si prende atto del fatto che altre compagnie sono più flessibili mentre quelle low cost sono limitate e si cercano soluzioni per poter comunque tornare a casa.

Con sconcerto vengo a sapere che il limite temporale suddetto si applica solo a chi ha il volo prenotato, per chi precedentemente si fosse messo in "lista di attesa" (probabilmente per aver perso il proprio aereo) è ancora possibile fare il check in...
Qui scatta il paradosso e il pensiero continua a tornare al treno...

In ogni caso conscio del fatto che la "lista di attesa" rappresenta comunque una possibilità di tornare a casa in serata mi informo meglio per cercare di sfruttare il volo successivo..
Ecco che la "miopia" si manifesta ed incredibilmente per chiunque - indistintamente se con prenotazione sul volo precedente o nuovo cliente - si applica una "penale" di "lista di attesa" di ben 90 euro oltre al costo del biglietto già sostenuto!!!

E' quasi sicuro che si trovi un posto perchè statisticamente su 200 persone c'è sempre qualcuno che non riesce a rispettare i tempi ma mi chiedo: era proprio necessario accanirsi sul cliente già penalizzato?
Il risparmio accumulato dal cliente - e sottolineo il discorso economico perchè è il cavallo di battaglia delle compagnie low cost - nei mesi in cui decide di preferire l'aereo al treno viene annullato in un solo momento e sostanzialmente il cliente non viene in nessun modo "aiutato" nel suo "rapporto continuativo con l'azienda"..

Forse le compagnie low cost non sono adatte ai viaggiatori abituali? Vanno prese a piccole dosi e non ci si deve aspettare niente di più che un rapporto sporadico di scambio di valore?
In ogni caso la mia decisione è stata quella di avvalermi forse per l'ultima volta dei servizi di questa compagnia.

Il dubbio sull'accanimento verso il cliente rimane..

25.4.07

Multicanalità: chi può e chi non può

Multicanalità ,
da qualche anno sembra che il marketing non ne possa prescindere, tutti ne parlano e tutti la vogliono ma chi veramente ne può giovare?

Chi vende servizi ha subito potuto approfittare dei nuovi canali di comunicazione, il settore del turismo e dei mezzi di trasporto non cittadini probabilmente sono quelli che probabilmente negli ultimi anni hanno dovuto rivedere il loro modello di business in conseguenza al fatto che il percorso d'acquisto per una grande percentuale dei consumatori di questo settore inizia su internet.

Interessante in questo senso realtà come Priceline che reintermediano in un modo tutto nuovo il rapporto consumatore/azienda, il cliente fa il suo prezzo e Priceline sfruttando gli angoli oscuri delle grandi economie di scala (ad una compagnia aerea conviene vendere 20 biglietti a 5 euro l'uno nelle 24 precedenti il volo piuttosto che non incassare nulla e dover comunque abbattere gli stessi costi) trova la soluzione migliore.

Alcune aziende sono nate con il gene delle multicanalità, Dell ha potuto adattarsi al nuovo mondo meglio di chiunque altro proprio perchè nasceva già come società per corrispondenza.
Anche il mondo delle telecomunicazioni ha potuto allargare gli orizzonti possibili e il classico canale telefonico non è più l'unico possibile.

In questo scenario mi chiedo come il marketing per antonomasia, ovvero quello del largo consumo, stia cercando di affrontare le nuove sfide.
In questo mercato maturo e difficile è raro vedere esempi eclatanti di multicanalità, le logiche di distribuzione sono ancorate alla GDO e le aziende spesso sono costrette ad adeguarsi più che a guidare il canale.

Mi chiedo quindi: quando i big del settore inizieranno veramente a pensare in termini di multicanalità. Quando P&G, Barilla, Nestlè "scenderanno in campo"?
Lo faranno?
Alcuni esempi come Clicca il Pomodoro mi fanno pensare che forse la GDO si stia già preparando allo scenario futuro.

Ma se nel largo consumo dovesse continuare a non succedere nulla dovremmo forse ammettere che la parola d'ordine della multicanalità non vale per tutti?

Passato il turno!


MEDIABLOG con qualche giorno di ritardo (dovuto ad inenarrabili problemi tecnici) festeggia il passaggio del primo turno ai PlayOff più intriganti della rete: i marketing blog Play Off.

Non voglio spendermi in buone parole per il blog battuto perchè rischierebbe di rientrare nell'ipocrisia del vincitore (comunque a mio parere stiamo tutti vincendo visto i click che il ring sta generando), quello che posso fare invece è linkaremdplab ed invitare tutti a leggerlo come ho fatto io, è molto interessante.

Al prossimo turno!

17.4.07

Google Marketing?

Sarà che il Marketing blog Playoffs 2007 è entrato nel vivo, sarà che era da un pò che mi ripromettevo di farlo, saranno tante cose ma vorrei parlare un pò di Google.

Tempo fa scovai questa immagine (i sette principi del marketing Google)


Più o meno recita

  1. I risultati devono essere tracciabili
  2. Incentiva il trial
  3. Fai parlare gli altri per te
  4. Dati (numeri), non hype
  5. Sei sveglio e il tuo tempo è importante
  6. Siamo seri. Eccetto quando non lo siamo
  7. Le grandi idee ci trascinano
Trovo questa immagine una delle tante dimostrazioni di come Google abbia cercato di creare intorno a se non solo un sistema di mercato quanto piuttosto un modo di pensare (principio 5) che gli ha permesso di diventare nel tempo il punto di riferimento per tutti gli opinion leader della grande rete e quindi di diffondersi non come una società che vende servizi (cosa che fa raramente, vedi principio 2) quanto piuttosto come un verbo (3).

Nel tempo Google ha rappresentato (spesso in contrapposizione con Microsoft) un insieme di valori associati al suo brand che vanno dalla libertà, alla neutralità, passando per l'innovazione.
La personalizzazione di una società sembra in questo caso ai livelli visti solo per nomi del calibro di Apple.

La domanda è: tutto questo quanto è sostenibile nel tempo?

Prendiamo il caso di Google Cina e delle censure imposte, ormai è famoso perchè nel mondo si è parlato di Google come del gigante buono che si piega ai voleri della strega cattiva.
Non discuto il merito (francamente mi sembra abbastanza ragionevole quanto accaduto) quanto piuttosto il fatto che eventi del genere possano minare la stessa idea di Google e la fiducia che ispira.

Se il nostro eroe si è arreso come possiamo sperare di affidargli il nostro villaggio? Le critiche mosse sulla privacy possono essere più o meno giuste, non importa, importa che tutto dipende da quanto ci fidiamo di Google.

Parliamo di innovazione, se Google Video si arrende a You Tube e quest'ultimo viene assorbito che fine fanno l'innovazione e le grandi idee? Mi sembra scontato che una società debba espandersi acquisendo alcuni pesci piccoli ma siamo sicuri che questo sia vero anche per la grande G?

E il timore instillato negli addetti ai lavori dopo l'acquisizione di Doubleclick? Alcuni già scrivono e parlano di somiglianze fra Google e Microsoft...

Se il capitano Akab invece di giurare che se avesse avuto un cannone al posto del petto avrebbe sparato il cuore contro la Balena Bianca iniziasse ad ingrassare a dismisura e a nuotare?

Google è nato nell'era dei blog e della critica a tutti i costi, mi piacerebbe essere fra 10 anni e capire se il capitano Akab ha arpionato veramente Moby Dick.

15.4.07

Cosa serve al blog giovane?

Non lo nego, sono appassionato delle statistiche sul mio blog.
Mi piace capire se le mie azioni e modifiche impattano realmente sul ritorno in termini di visite e conversioni.

Sia chiaro che scrivo per il piacere di tenere una sorta di memoria delle mie idee e per poter meglio interfacciarmi con alcune realtà che mi interessano, in ogni caso mi sono interrogato sul processo che porta un blog ad essere visitato e letto più frequentemente di altri.

Il picco di visite ottenuto in seguito ad un link della sezione "Siti per Navigare" del sito Punto informatico mi ha ulteriormente spinto ad interrogarmi sul tema dei blog (escludendo quelli di carattere prettamente personale).

Ritengo queste regole sacrosante, aggiungo di mio qualche considerazione ulteriore:

  • Almeno inizialmente l'obiettivo di un blog giovane non può essere misurato in termini di visite generiche, è più importante la qualità dei visitatori che un numero imprecisato degli stessi generato in vari modi che spesso si traduce in visite brevissime. In questo senso è più interessante pensare a "visite in target".
  • Le esplosioni di visite creano una scia positiva, più i picchi sono generati da siti in target (link vari e citazioni) e più la scia sarà lunga.
  • I contenuti sono la premessa imprescindibile.
    Nel breve e medio termine la qualità degli stessi è sostanzialmente non funzionale all'incremento del numero di visitatori, nel lungo periodo invece emergono perchè correttamente indicizzati dai motori di ricerca creando traffico spontaneo prezioso.
  • Il tema del blog deve essere un driver e non un limite, si rischia di non farsi più trascinare da un'idea di condivisione di punti di vista quanto piuttosto da un'idea astratta di "sito che tratta di".
  • Non credo siano particolarmente vere regole del tipo "sintesi sempre" ecc. ecc. Quando un post è interessante viene letto fino in fondo o viene "esplorato" visivamente per coglierne gli aspetti più interessanti. Recenti ricerche sembrano tra le altre cose confermare che non esiste il "lettore sul web" ma ne esistono vari tipi, semplicemente va deciso per quali di essi scrivere nel blog
In conclusione scrivere deve essere un piacere e uno stimolo, non un mestiere, va bene Google Adword per potersi pagare un dominio ad hoc ma non si fanno i soldi con un blog.

14.4.07

Realtà aumentata

Non mi sono stupito di trovare fra i 21 flops tecnologici più clamorosi di tutti i tempi la Realtà Virtuale.

Sono ormai 20 anni che se ne parla in ambito di ricerca ma sostanzialmente non ha mai trovato un mercato consumer degno di nota (a parte qualche applicazione di nicchia nel campo medico o scientifico).

Ricordo con molto fastidio la mia prima esperienza in merito, dopo circa 15 minuti con un casco in testa mentre mi dimenavo nel tentativo di sparare a qualche nemico ho iniziato ad accusare nausea e mal di testa.
Alcuni esperimenti hanno inoltre evidenziato che questi disturbi con l'uso prolungato non diminuiscono ma anzi tendono ad aumentare.
E' probabile che il nostro cervello non sarà mai in grado di interpretare correttamente gli stimoli da un mondo in completa sovrapposizione opaca a quello esistente.

La ricerca in questo campo ha comunque portato al concetto molto più interessante di Realtà Aumentata, un sistema che sostanzialmente sovrappone a quello che vediamo delle immagini 3d generate al computer capaci però di interagire con il mondo reale.

Il video che segue spiega molto bene il concetto




Non appena la tecnologia lo permetterà sarà possibile proiettare quindi le immagini virtuali sulla realtà che ci circonda indossando dei semplici occhiali collegati al sistema di elaborazione.



A questo punto applicazioni commerciali risultano molto più probabili e non escludo che nei prossimi anni si possa assistere a nuovi mercati ludici e di intrattenimento legati a questo tipo di logiche.

Chissà se l' Eye Toy di prossima generazione userà concetti simili ?

10.4.07

Scrivere con la luce: digressione personale sulla fotografia

La fotografia è stata anche definita come "il medium trasparente", in effetti per sua natura riesce molto bene a rendere la realtà o alcuni suoi aspetti.

Quello che mi ha sempre intrigato della fotografia è però la sua possibilità di ibridare la realtà di un momento con quelli immediatamenti precedenti e successivi in un unico "quadro".

Tornare all'origine della parola (grafia=scrittura, foto=luce) è una delle cose che preferisco, posto qui qualche mia interpretazione sul tema.

Sono contributi personali, qualsiasi uso deve essere preventivamente richiestomi.

5.4.07

e i Trailer...

Non è un altro post sul cinema ma su una delle sue emanazioni,

Il Trailer


Lo trovo una summa di capacità espressiva eccezionale nella quale la ricerca dell'impatto emotivo è lo scopo principale.

Le immagini del film vengono montate e ricostruite, non si cerca di spiegare la storia ma solo di suscitare nello spettatore una spirale di curiosità che lo porti nella migliore delle ipotesi ad informarsi sul film e a fare veicolo pubblicitario tramite il passa-parola.

In questo caso più che in altri è proprio vero che il medium è il messaggio e il messaggio il medium.

Mi chiedo: ma dietro un trailer c'è sempre il regista del film?

Me lo chiedo perchè ci sono dei film dei quali vale la pena guardare solo il trailer...

Ultimamente il trailer è passato anche sul mondo dei videogiochi, per questo nella carrellata che segue ci sono anche trailer riguardanti questo mondo.

Eccone qualcuno dei miei preferiti

Il Padrino


GTA IV

300

Clercks II

GrindHouse

Sin City

RKO 281




Questo non vuole essere un post su "Citizen Kane" e forse non è nemmeno un post vero e proprio.

Prendetelo come un invito, se non sapete cosa sia "Citizen Kane" e ignorate il nome di Orson Welles, correte subito ai ripari e googolate immediatamente.
Se già lo conoscete e volete approfondire la genesi di questa pietra miliare vi consiglio la visione di

RKO 281

Un film sul film, il perfetto meta-film che racconta la genesi di un'opera che ha condannato un regista a fare i conti con il fatto di aver creato il suo capolavoro ineguagliabile a soli 24 anni..

31.3.07

Il cinema e l'equivoco della narrazione

Il cinema e la narrazione di una storia sembrano alla gran parte delle persone indissolubilmente legati.

In effetti questo non è proprio vero, il cinema nasce come immagine in movimento e non è quindi limitato ad un percorso narrativo.
L'interpretazione di un cinema "figurativo" e non "narrativo" è molto forte nel cinema sperimentale, ma è molto difficile vedere qualcosa in questo senso fuori dalle aule universitarie.

Ultimamente "Inland Empire" di Lynch ha riportato a galla un certo modo di pensare il cinema come flusso di immagini collegate più da un'idea e dal montaggio che da una storia vera e propria.

Ovviamente la difficoltà di lettura di un testo pensato in questa maniera è enorme ma è pur sempre rappresentativa di un fare cinema forse troppo trascurato.

Non è un caso che per Kubrick si sia parlato spesso di "storie pretesto", in alcuni casi la storia è solo uno strumento, non sempre necessario.

Per comprendere meglio le origini di questo mondo consiglierei almeno due autori:

Consiglio quindi la visione di "Meshes of the afternoon" di Maya Deren:

parte1




e parte due

Nonchè un estratto da "Man with a Movie Camera" di Vertov:





Buona visione..

27.3.07

Il Super Medium: dis-intermediamoci



Il blog non ha cambiato improvvisamente direzione, semplicemente "colorare un dagherrotipo" per me significa aggiungere un elemento per modificare qualcosa di esistente e codificato.

In particolare la metafora si riferisce al dagherrotipo che come prima forma di riproduzione fotografica della realtà era in bianco e nero.
Il tentativo di rendere la foto perfetta prevedeva di prendere la lastra metallica e aggiungerci del colore in modo da rispecchiare la scena vera.

Il risultato spesso è che guardando un dagherrotipo colorato sembra di guardare un disegno molto ben fatto, ma strano, inquietante, e sicuramente molto più lontano dalla realtà della foto in bianco e nero originale.

Non so perchè ma le parole del titolo del post mi sovvengono ogni volta che cerco di spiegare cosa hanno fatto i media alla nostra percezione della realtà.

L'arrivo dei mezzi di comunicazione di massa all'inizio di questo secolo ci ha cambiati, ha cambiato l'uomo facendolo vivere in un mondo intermediato diverso dalla pura realtà dei sensi.
In particolare la radio e la televisione (a metà del secolo) si sono introdotte nelle nostre case, hanno iniziato a far parte della nostra intimità e quindi hanno assunto spesso il ruolo di componenti della famiglia silenti ma autorevoli.

La conoscenza della realtà è passata dalla tradizione orale della comunità di riferimento ad un insieme di informazioni veicolate - intermediate - e per questo (nel senso più ampio del termine) "manipolate".
Da quel momento anche i nostri sensi sono cambiati, quello che vediamo è costantemente confrontato con quanto abbiamo appreso dai media, la realtà è "colorata", ma spesso può apparire posticcia e generare insoddisfazione perchè ha come riferimento un mondo che vive in una scatola e che per quanto ne sappiamo potrebbe benissimo non esistere.

Questo insieme di considerazioni sono vere storicamente ma non granitiche, con l'arrivo dei nuovi media il senso delle cose sta di nuovo probabilmente cambiando.

La realtà non è più veicolata dall'alto verso il basso ma un evento può essere raccontato in tempo reale da chi lo sta vivendo, può essere visto da più punti di vista, un qualsiasi "real-atore" può raccontare meglio di un giornalista politicizzato un evento "della strada".

Quindi quale realtà stiamo percependo in questo momento?
Quella dei vecchi media? Quella dei nuovi media? Dipende? Da cosa?

Quando verrà inventato il media che ci permetterà di disintermediarci?

19.3.07

Save the cheerleader, save the world

Mettete insieme tutti i fumetti che avete letto sui super eroi,
pensate ad una catastrofe imminente di proporzioni mondiali,
ricordate la simpatia che avete sentito per lo Spiderman sfigato che prova per la prima volta i suoi super poteri,
immaginate una sottile linea invisibile che collega una manciata di uomini e donne che iniziano a sperimentare sulla propria pelle che Darwin non aveva previsto tutto,
guardate un uomo che può fermare il tempo...
ma credeteci: una cheerleader salverà il mondo...

HEROES

A mio parere un telefilm senza pretese di sconvolgere le menti dei telespettatori ma sincero ed interessante nella sua intricata storia che sembra più un pretesto per affezionarsi ai personaggi (a volte ben caratterizzati a volte solo abbozzati).

La fattura delle puntate è in media elevata e gli effetti speciali sono ben realizzati, alcune virate verso il teen-drama e l'ombra costante di fratelli maggiori come Lost rischiano di oscurarlo ma lo consiglio sicuramente perchè le prime puntate sono in continuo crescendo.

Recuperatelo...

18.3.07

The next 2.0 thing



E' interessante constatare la dinamica dei fenomeni che caratterizzano il web.

  • Una nuova idea viene creata da una piccola start up o da un singolo
  • diventa in breve il nuovo punto di riferimento per chi ama le nuove parole d'ordine (sharing, social network, 2.0 e via dicendo)
  • esplode con volumi inimmaginabili
  • tutta l'attività viene acquisita da uno dei big (Yahoo e Google su tutti)
A mio parere la prossima idea a seguire questo iter sarà Ning , una piattaforma abbastanza configurabile per creare Network Sociali.
Il punto di forza sembra essere la possibilità di essere flessibile e di non ancorarsi ad una logica di condivisione predefinita (lo status attuale di molte "2.0 cose").

Le premesse sono ottime, staremo a vedere.