29.6.07

I media e il tempo: da quando le lancette dell'orologio non indicano più l'ora

Con questo post inauguriamo una serie di approfondimenti sui Media e il Tempo.

Da quando i media sono entrati nelle nostre case, nelle nostre vite e sui nostri corpi molte cose sono cambiate, una di queste è sicuramente la percezione del tempo.

Il tempo libero è diventato l'obiettivo primario di ogni mezzo di comunicazione, la risorsa scarsa per eccellenza è il luogo dove si innestano i meccanismi della comunicazione di mercato.

Il tempo è stato ricostruito e i media hanno elaborato la capacità di renderlo flessibile durante la loro fruizione.
I tempi filmici, visuali, della lettura sono analizzati e strutturati per ottimizzare la capacità di assimilazione dell'utente target.

Ovviamente oltre al discorso tecnico i media hanno ripensato il tempo anche da un punto di vista autoriale, il cinema in particolare nella sua storia ha esemplificato a più riprese il fatto che il tempo non è una variabile scontata iniziando a trovare nell'intreccio piuttosto che nella fabula il vero luogo dell'analisi.

In ogni caso il primo esempio che vorrei mostrare non è cinematografico quanto invece televisivo, in particolare un video musicale dei REM: Imitation Of Life

Il video sfrutta incredibilmente bene le potenzialità delle nuove tecnologie digitali e riprende una scena di pochi secondi che si ripete in loop e che viene "portata avanti" narrativamente "zoomando" su alcuni particolari piuttosto che altri.
Il tempo in questo caso viene dilatato e la sua misurazione in effetti perde quasi significato.
Un perfetto esempio di cosa il titolo del post voleva comunicare
Buona visione!

22.6.07

I Media e la Realtà: quello che vedi nella sfera di cristallo è tutto vero, ma se non avessi guardato…

Un nuovo post del ConTe per Mediablog

I media sono nati per raccontare il mondo e hanno finito per cambiarlo, perché il mondo quando si è accorto di essere davanti all'occhio indiscreto della macchina da presa, dopo il primo timido imbarazzo, si è fatto vezzoso e compiacente.

E questo è il più grande paradosso che la nostra quotidianità interconnessa ci rimbalza attraverso i cristalli liquidi: i mezzi di comunicazione se sono maliziosi danno un'immagine fasulla perché artificiosamente corrotta, se sono (ingenuamente) virtuosi ci danno un'immagine distorta perché è comunque differente da quella che avremmo potuto apprezzare osservando coi nostri occhi, senza schermi interposti.

Per semplificare il concetto mi concedo un esempio, per complicarlo una riflessione scientificofilosofica.

L'effetto dei media su tanta parte dei "fenomeni" di politica, cronaca, sport, spettacolo, costume, etc è quello dell'obiettivo della macchina fotografica quando è puntato sul viso della vostra ragazza: dopo l'iniziale riluttanza lei prenderà a sistemarsi i capelli e poi, a prescindere dal momentaneo stato del (volubile) umore, si atteggerà a un'espressione lieta, magari porgendo all'obiettivo il profilo che ritiene migliore.

Il mondo che ci restituisce il tubo catodico dunque, nel migliore dei casi è un mondo che si è appena pettinato, che ostenta sorrisi o lacrime, che sono lì solo per comporre una realtà la cui intima ragione è quella di essere comunicata (trasmessa) e vista,
prima ancora che "vissuta".

E adesso la riflessione pomposa.

Il fisico tedesco Werner Karl Heisenberg nel 1927 ha enunciato un principio universalmente noto come Principio di Indeterminazione (sebbene si tratti a tutti gli effetti di un teorema) che non soltanto ha rivoluzionato il mondo della fisica ma ha avuto un effetto prepotente sulle coscienze degli intellettuali contemporanei scardinando l'assoluta fede che la scienza si era conquistata nel secolo positivista e sbattendo dietro di sé la porta che era rimasta socchiusa.

L'enunciazione del principio in parole poverissime è questa: "Non possiamo conoscere simultaneamente la posizione e la quantità di moto di un elettrone". Al di là delle dotte disquisizioni scientifiche e delle complesse equazioni differenziali che supportano tale enunciato, ciò che ci interessa nel presente contesto non è il suo significato nell'ambito della neonata scienza quantistica né tantomeno il significato assunto nel travagliato mondo della cultura umanistica (il grado di certezza a cui possiamo pervenire attraverso la scienza non è indefinito). Quello che ci interessa è la sua prima, erronea interpretazione, di cui in un primo momento lo stesso Heisenberg era convinto e che tutt'oggi (nonostante sia stata pubblicamente rinnegata) riscuote molto successo (la mia professoressa di Scienze del liceo ne era fermamente convinta). Questa interpretazione dice: "Non possiamo conoscere la posizione dell'elettrone in un dato momento perché l'atto della misura produce un disturbo sul moto della particella che la porta ad occupare una posizione differente da quella che la stessa avrebbe occupato in assenza dell'operazione di misura". Ovvero, il solo fatto di osservare il fenomeno, cambia il fenomeno stesso. E quindi interpretando il primo (acerbo) Heisenberg siamo tornati ai media, per dire "osservando il mondo i media hanno provocato su di esso un effetto che lo ha cambiato".

Ma fino a qui abbiamo lasciato scivolare parole, ora caliamoci nella "realtà" che ci circonda.

La politica è cambiata coi mezzi di comunicazione:

  • si è accentuata la spettacolarizzazione da una parte e la personalizzazione dall'altra;
  • i politici sono meno retori e più retorici, meno carismatici e più divi, meno filosofi e più venditori;
  • il messaggio della politica agli elettori si è via via semplificato e ristretto, finendo per incarnarsi in slogan che abbracciano luoghi comuni e rifiutano come dispersivi i concetti di approfondimento delle problematiche e sfaccettamento della realtà.

Lo stesso sistema elettorale maggioritario, probabilmente, è in buona parte figlio della televisione. Potremmo proseguire ancora a lungo ma usciamo dalla politica. Anche lo sport si è adattato alla televisione, le partite di calcio si giocano tutti i giorni della settimana e siamo stati a un passo per inserire i timeout all'interno dei 90 minuti in modo da gestire meglio gli spazi pubblicitari. La pubblicità avvolge tutto lo spettacolo dal fondo del campo da gioco ai polpacci dei giocatori.

E questo andando a considerare solo il lato "reportistico" del mezzo di comunicazione, e non il suo aspetto di strumento di intrattenimento. Ovviamente la nostra vita quotidiana è stata rimodellata nei suoi ritmi e nei suoi tempi dalla televisione come mezzo di intrattenimento, ma insisto, non è questo l'oggetto della discussione, bensì il valore reportistico del mezzo di comunicazione.

A questo punto potrei proseguire a oltranza fornendo esempi a supporto delle mie tesi e puntando il dito indice contro il demone, ma non è questo il mio obiettivo, o quantomeno, non è questo il suo contesto, perché la mia riflessione sarebbe monca se non prendesse atto del ruolo svolto dai nuovi media, quelli che della televisione sono i nipoti e della quale hanno ereditato alcuni difetti e qualche pregio.

Ma è opera troppo ambiziosa per un semplice blog, dunque lancio il sasso e nascondo la mano, ma lo stagno, le acque smosse in circoletti concentrici siete voi, allora non indignatevi se non vi ho rivelato il nome dell'assassino e lasciatevi attraversare dalle domande: anche internet sta cambiando il mondo? Internet perpetrerà l'inganno o ripararerà ai danni fatti dalla televisione? Non conosco la risposta ma vi sussurro un suggerimento: dipende tutto da te. Dipende dalla coscienza che hai nell'usare lo strumento.

15.6.07

Del perchè i giornalisti copiano Lost

In Italia non esiste un vero giornalismo, quello che abbiamo è una sorta di analisi e/o commento dei fatti del giorno, per lo più ripresi dalle più famose agenzie come l'Ansa.

Ai giornalisti nostrani manca quasi del tutto la capacità di fare inchiesta (fanno eccezione Report ed ironicamente qualche servizio delle Iene e di Striscia), sostanzialmente si riducono ad uno sterile "chiacchericcio" che solo in rari casi aggiunge del valore allo scarno evento di turno.

Questo approccio non sarebbe di per se scandaloso, purtroppo però i giornali e i giornalisti rispondono non solo all'etica dell'informazione ma anche a gruppi politici e nel caso della televisione soprattutto agli ascolti.

Quindi il commento e/o analisi di turno quasi naturalmente viene mediata per perseguire un determinato scopo che raramente è quello dell'approfondimento della realtà delle cose.

Tutti hanno imparato dalle ultime esperienze mediatiche (trilogie/quadrilogie al cinema, telefilm con una forte continuity come Lost e Heroes ecc. ecc.) che in questo momento storico "tira" il mistero in se e non la sua risoluzione.

Quindi, caro lettore, quando vedi un programma di approfondimento giornalistico su un tema tipico che può essere Cogne piuttosto che Rignano o l'ultimo fatto politico stai pur sicuro che lo scopo della trasmissione non sarà assolutamente quello di "svelare" ma quanto più quello di intrigare e di rimandare ad "una prossima puntata"....

L'ipocrisia di fondo è che l'approfondimento dovrebbe portare a capire invece siamo continuamente riportati alla confusione perchè gli autori evitano accuratamente di porre domande e questioni in qualche modo "risolutive".

La conclusione che ne possiamo trarre è che l'approfondimento vero non passa per programmi televisivi come quelli di Vespa e di Mentana.
Non è un caso che Mentana stia preparando una "docu-fiction", proprio a sottolineare il carattere ibrido del programma di approfondimento medio.

In conclusione:
se vuoi rilassarti con una bella storia potresti anche guardarli ma a quel punto è meglio un bel telefilm che sicuramente è creato da persone più esperte e capaci nel gestire la finzione....

13.6.07

Davide contro Golia

MediaBlog da oggi ha uno stimolo in più.

Ho recentemente scoperto che inserendo su Google la parola "mediablog" il mio blog non compare più come primo risultato. Ho verificato quindi che c'è un nuovo Mediablog portato avanti niente meno che da Marco Pratellesi del Corriere Della Sera che compare prima del mio blog.

Inutile dire che quel posizionamento era stato lungamente cercato e studiato e che questa "sorpresa" mi ha colto un pò infastidito, se non altro perchè il nome del Blog è sostanzialmente identico pur cambiando la piattaforma di blogging.

In ogni caso non esiste un copyright per i nomi dei blog quindi questo post non vuole in nessun caso essere polemico.
Resta il fatto che il blog di Pratellesi viene "dall'alto", come tale gode di una facilità di posizionamento e di riferimento non indifferente, per questo l'idea di riportare il Mediablog originale al primo posto mi solletica particolarmente.

Ma la blogosfera è la vera rivoluzione che tutti pensavano se a conti fatti un contenuto che scende dall'alto ha immediatamente più successo di uno che non lo è?

8.6.07

Jericho sopravvive

Un breve aggiornamento sulla sorte di Jericho, il telefilm della CBS che sembrava destinato ad essere interrotto bruscamente alla fine della prima stagione avrà un seguito.
Probabilmente una miniserie che concluderà la vicenda così sapientemente lasciata in sospeso.

Leggete Qui e qui per avere maggiori informazioni.

1.6.07

15 minutes of fame, ovvero come non parlare di Allison parlando di Allison

Col presente post MediaBlog dà il benvenuto a ConTe nello staff

Nella giornata di ieri 30 Maggio 2007 tutti i principali contenitori, aggregatori e raccoglitori di "notizie" sparsi sul web adornavano la propria home con una foto e un trafiletto dedicato ad Allison Stokke tale diciottenne californiana dal viso gentile e il fisico atletico che a quanto pare deteneva la singolare peculiarità di:

- essere una ragazza normale,
- essere diventata celebre suo malgrado,
- rigettare tutto il clamore cresciuto attorno a sé col desiderio di rientrare nei ranghi della propria intima quotidianità, o qualcosa del genere.

Un suo video finisce in Rete
E fa il giro del mondo


La tipa era presentata come fenomeno WEB del momento e l'affermazione veniva suffragata da una serie di zeri:

- un video visionato ben 150.000 volte su Youtube;
- 300.000 pagine individuate da Google che contenenti riferimenti a lei;
- svariate decine di siti non ufficiali a lei esclusivamente dedicati;
- innumerevoli conversazioni su blog forum chat etc che avevano lei stessa come oggetto della discussione.

L'apprendimento di queste informazioni ha stimolato in me una serie di riflessioni che riguardano Allison solo marginalmente e che, in un modo o nell'altro, girano tutte attorno ai veri protagonisti di questa notizia, i mezzi di informazione/comunicazione (che oggi sono la stessa cosa, no?).

La prima riflessione, dalla quale scaturiscono tutte le altre, è "certo che oggi non ci vuole niente a finire sulla bocca, nei pensieri e sotto gli occhi di milioni di persone". Ma si tratta di un concetto ancora un po' grezzo, vediamo di affinarlo.

I "media" guidano le nostre percezioni veicolando informazioni alla velocità della luce da un capo all'altro dei due emisferi: un contenuto accattivante e ben "canalizzato" avrà crescita esponenziale garantita, come una diceria maliziosa proferita nella piazza del paese si autoalimenta e diventa in breve autosufficiente: più ne parlano e più se ne parla, al di là di cosa effettivamente riguardi.

Così alla news di internet è sufficiente superare una soglia critica di contatti e poi, come una palla di neve che rotola giù dal monte, crescerà a dismisura e senza più bisogno di appoggi esterni.

A quel punto è diventata notizia di fatto: "oggi tutti parlano di", vediamo quali sono gli ultimi sviluppi.
Questo video l'avranno visto 100.000 persone, ci sarà per forza qualcosa da vedere.

Noi dunque guardiamo Allison che fa il salto con l'asta non perché sia la più brava o la più bella ginnasta espressa dall'attuale generazione di atleti targati USA, non perché rappresenti un modello o incarni aspirazioni/realizzazioni di una precisa categoria di persone ma per il fatto che il video che riguarda questa graziosa ragazza è già stato visto da molti e dunque ci incuriosisce sul suo contenuto. La notizia infatti non sta più nel fatto che esista una bella ragazza che fa il salto con l'asta, probabilmente ce ne sono tante, magari anche più carine o provocanti, la notizia è che c'è un video che hanno visto centocinquantamila persone che ha reso popolare una ragazza comune senza che lei facesse nulla per balzare agli onori della cronaca.

Ma il messaggio sottile che ho letto tra le righe dei trafiletti è un altro: "la notizia è che c'è una notizia che non è una notizia". Internet è il mezzo di comunicazione autoreferenziale per eccellenza, ha spostato chilometri avanti quella frontiera già ampiamente spinto dai media della generazione precedente: più ancora di stampa e televisione internet vive delle sue creature e probabilmente ancora più dei suoi antenati ha bisogno delle sue creazioni per sopravvivere (per la TV ad esempio avremmo potuto dire "che cos'è Canale 5 senza Mike Buongiorno?").

Lasciamo stare il patetico grido di aiuto lanciato dalla graziosa Allison, vittima di una celebrità non voluta: Allison goditela finché dura, e fai bene a dire qualcosa di inatteso se vuoi continuare a cavalcare l'onda.

Ma dentro la notizia quello che dobbiamo capire è che si tratta semplicemente di un moto di orgoglio di internet che, sornione, vorrebbe convincerci della validità di quanto detto Andy Warhol nel lontano 1968: "In the future, everyone will be world-famous for 15 minutes".

Potremmo poi discutere sul fatto di come internet abbia accelerato i tempi di creazione e distruzione di un mito: prima che la Lecciso finisse in prima pagina su tutti i periodici era già un po' che se ne parlicchiava sui rotocalchi e prima che scomparisse nell'oblio dei media ci toccò sorbirci una lunga dissolvenza. Di Allison invece, fino a ieri nessuno al di fuori di Orange County sapeva niente, e domani (cioè già oggi) nessuno parla più. Questo non vuol dire che però i 15 minuti prima o poi ci saranno per tutti.

Lasciamo stare i triti e ritriti discorsi sulla prematura caducità della celebrità, i discorsi sulla necessità di apparire (nel mondo mediato) che abbiamo per esistere (nel mondo immediato) e tutte le sue conseguenze che queste affermazioni comportano (se ci sei in quanto io ti vedo, se io smetto di vederti non esisti più?) e inchiniamoci a internet e ai suoi padroni.

Lui è lì che lucida le sue mostrine e a noi, ignari internauti illusi di esserci conquistati la libertà una volta scambiato il telecomando con il mouse, non rimane che riflettere sulla effettiva portata di questa rivoluzione e sulla libertà che ci rimane se, dopo aver superato le nostre quattro pareti, esploriamo il mondo camminando in fila indiana.