1.6.07

15 minutes of fame, ovvero come non parlare di Allison parlando di Allison

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Nella giornata di ieri 30 Maggio 2007 tutti i principali contenitori, aggregatori e raccoglitori di "notizie" sparsi sul web adornavano la propria home con una foto e un trafiletto dedicato ad Allison Stokke tale diciottenne californiana dal viso gentile e il fisico atletico che a quanto pare deteneva la singolare peculiarità di:

- essere una ragazza normale,
- essere diventata celebre suo malgrado,
- rigettare tutto il clamore cresciuto attorno a sé col desiderio di rientrare nei ranghi della propria intima quotidianità, o qualcosa del genere.

Un suo video finisce in Rete
E fa il giro del mondo


La tipa era presentata come fenomeno WEB del momento e l'affermazione veniva suffragata da una serie di zeri:

- un video visionato ben 150.000 volte su Youtube;
- 300.000 pagine individuate da Google che contenenti riferimenti a lei;
- svariate decine di siti non ufficiali a lei esclusivamente dedicati;
- innumerevoli conversazioni su blog forum chat etc che avevano lei stessa come oggetto della discussione.

L'apprendimento di queste informazioni ha stimolato in me una serie di riflessioni che riguardano Allison solo marginalmente e che, in un modo o nell'altro, girano tutte attorno ai veri protagonisti di questa notizia, i mezzi di informazione/comunicazione (che oggi sono la stessa cosa, no?).

La prima riflessione, dalla quale scaturiscono tutte le altre, è "certo che oggi non ci vuole niente a finire sulla bocca, nei pensieri e sotto gli occhi di milioni di persone". Ma si tratta di un concetto ancora un po' grezzo, vediamo di affinarlo.

I "media" guidano le nostre percezioni veicolando informazioni alla velocità della luce da un capo all'altro dei due emisferi: un contenuto accattivante e ben "canalizzato" avrà crescita esponenziale garantita, come una diceria maliziosa proferita nella piazza del paese si autoalimenta e diventa in breve autosufficiente: più ne parlano e più se ne parla, al di là di cosa effettivamente riguardi.

Così alla news di internet è sufficiente superare una soglia critica di contatti e poi, come una palla di neve che rotola giù dal monte, crescerà a dismisura e senza più bisogno di appoggi esterni.

A quel punto è diventata notizia di fatto: "oggi tutti parlano di", vediamo quali sono gli ultimi sviluppi.
Questo video l'avranno visto 100.000 persone, ci sarà per forza qualcosa da vedere.

Noi dunque guardiamo Allison che fa il salto con l'asta non perché sia la più brava o la più bella ginnasta espressa dall'attuale generazione di atleti targati USA, non perché rappresenti un modello o incarni aspirazioni/realizzazioni di una precisa categoria di persone ma per il fatto che il video che riguarda questa graziosa ragazza è già stato visto da molti e dunque ci incuriosisce sul suo contenuto. La notizia infatti non sta più nel fatto che esista una bella ragazza che fa il salto con l'asta, probabilmente ce ne sono tante, magari anche più carine o provocanti, la notizia è che c'è un video che hanno visto centocinquantamila persone che ha reso popolare una ragazza comune senza che lei facesse nulla per balzare agli onori della cronaca.

Ma il messaggio sottile che ho letto tra le righe dei trafiletti è un altro: "la notizia è che c'è una notizia che non è una notizia". Internet è il mezzo di comunicazione autoreferenziale per eccellenza, ha spostato chilometri avanti quella frontiera già ampiamente spinto dai media della generazione precedente: più ancora di stampa e televisione internet vive delle sue creature e probabilmente ancora più dei suoi antenati ha bisogno delle sue creazioni per sopravvivere (per la TV ad esempio avremmo potuto dire "che cos'è Canale 5 senza Mike Buongiorno?").

Lasciamo stare il patetico grido di aiuto lanciato dalla graziosa Allison, vittima di una celebrità non voluta: Allison goditela finché dura, e fai bene a dire qualcosa di inatteso se vuoi continuare a cavalcare l'onda.

Ma dentro la notizia quello che dobbiamo capire è che si tratta semplicemente di un moto di orgoglio di internet che, sornione, vorrebbe convincerci della validità di quanto detto Andy Warhol nel lontano 1968: "In the future, everyone will be world-famous for 15 minutes".

Potremmo poi discutere sul fatto di come internet abbia accelerato i tempi di creazione e distruzione di un mito: prima che la Lecciso finisse in prima pagina su tutti i periodici era già un po' che se ne parlicchiava sui rotocalchi e prima che scomparisse nell'oblio dei media ci toccò sorbirci una lunga dissolvenza. Di Allison invece, fino a ieri nessuno al di fuori di Orange County sapeva niente, e domani (cioè già oggi) nessuno parla più. Questo non vuol dire che però i 15 minuti prima o poi ci saranno per tutti.

Lasciamo stare i triti e ritriti discorsi sulla prematura caducità della celebrità, i discorsi sulla necessità di apparire (nel mondo mediato) che abbiamo per esistere (nel mondo immediato) e tutte le sue conseguenze che queste affermazioni comportano (se ci sei in quanto io ti vedo, se io smetto di vederti non esisti più?) e inchiniamoci a internet e ai suoi padroni.

Lui è lì che lucida le sue mostrine e a noi, ignari internauti illusi di esserci conquistati la libertà una volta scambiato il telecomando con il mouse, non rimane che riflettere sulla effettiva portata di questa rivoluzione e sulla libertà che ci rimane se, dopo aver superato le nostre quattro pareti, esploriamo il mondo camminando in fila indiana.

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