22.6.07

I Media e la Realtà: quello che vedi nella sfera di cristallo è tutto vero, ma se non avessi guardato…

Un nuovo post del ConTe per Mediablog

I media sono nati per raccontare il mondo e hanno finito per cambiarlo, perché il mondo quando si è accorto di essere davanti all'occhio indiscreto della macchina da presa, dopo il primo timido imbarazzo, si è fatto vezzoso e compiacente.

E questo è il più grande paradosso che la nostra quotidianità interconnessa ci rimbalza attraverso i cristalli liquidi: i mezzi di comunicazione se sono maliziosi danno un'immagine fasulla perché artificiosamente corrotta, se sono (ingenuamente) virtuosi ci danno un'immagine distorta perché è comunque differente da quella che avremmo potuto apprezzare osservando coi nostri occhi, senza schermi interposti.

Per semplificare il concetto mi concedo un esempio, per complicarlo una riflessione scientificofilosofica.

L'effetto dei media su tanta parte dei "fenomeni" di politica, cronaca, sport, spettacolo, costume, etc è quello dell'obiettivo della macchina fotografica quando è puntato sul viso della vostra ragazza: dopo l'iniziale riluttanza lei prenderà a sistemarsi i capelli e poi, a prescindere dal momentaneo stato del (volubile) umore, si atteggerà a un'espressione lieta, magari porgendo all'obiettivo il profilo che ritiene migliore.

Il mondo che ci restituisce il tubo catodico dunque, nel migliore dei casi è un mondo che si è appena pettinato, che ostenta sorrisi o lacrime, che sono lì solo per comporre una realtà la cui intima ragione è quella di essere comunicata (trasmessa) e vista,
prima ancora che "vissuta".

E adesso la riflessione pomposa.

Il fisico tedesco Werner Karl Heisenberg nel 1927 ha enunciato un principio universalmente noto come Principio di Indeterminazione (sebbene si tratti a tutti gli effetti di un teorema) che non soltanto ha rivoluzionato il mondo della fisica ma ha avuto un effetto prepotente sulle coscienze degli intellettuali contemporanei scardinando l'assoluta fede che la scienza si era conquistata nel secolo positivista e sbattendo dietro di sé la porta che era rimasta socchiusa.

L'enunciazione del principio in parole poverissime è questa: "Non possiamo conoscere simultaneamente la posizione e la quantità di moto di un elettrone". Al di là delle dotte disquisizioni scientifiche e delle complesse equazioni differenziali che supportano tale enunciato, ciò che ci interessa nel presente contesto non è il suo significato nell'ambito della neonata scienza quantistica né tantomeno il significato assunto nel travagliato mondo della cultura umanistica (il grado di certezza a cui possiamo pervenire attraverso la scienza non è indefinito). Quello che ci interessa è la sua prima, erronea interpretazione, di cui in un primo momento lo stesso Heisenberg era convinto e che tutt'oggi (nonostante sia stata pubblicamente rinnegata) riscuote molto successo (la mia professoressa di Scienze del liceo ne era fermamente convinta). Questa interpretazione dice: "Non possiamo conoscere la posizione dell'elettrone in un dato momento perché l'atto della misura produce un disturbo sul moto della particella che la porta ad occupare una posizione differente da quella che la stessa avrebbe occupato in assenza dell'operazione di misura". Ovvero, il solo fatto di osservare il fenomeno, cambia il fenomeno stesso. E quindi interpretando il primo (acerbo) Heisenberg siamo tornati ai media, per dire "osservando il mondo i media hanno provocato su di esso un effetto che lo ha cambiato".

Ma fino a qui abbiamo lasciato scivolare parole, ora caliamoci nella "realtà" che ci circonda.

La politica è cambiata coi mezzi di comunicazione:

  • si è accentuata la spettacolarizzazione da una parte e la personalizzazione dall'altra;
  • i politici sono meno retori e più retorici, meno carismatici e più divi, meno filosofi e più venditori;
  • il messaggio della politica agli elettori si è via via semplificato e ristretto, finendo per incarnarsi in slogan che abbracciano luoghi comuni e rifiutano come dispersivi i concetti di approfondimento delle problematiche e sfaccettamento della realtà.

Lo stesso sistema elettorale maggioritario, probabilmente, è in buona parte figlio della televisione. Potremmo proseguire ancora a lungo ma usciamo dalla politica. Anche lo sport si è adattato alla televisione, le partite di calcio si giocano tutti i giorni della settimana e siamo stati a un passo per inserire i timeout all'interno dei 90 minuti in modo da gestire meglio gli spazi pubblicitari. La pubblicità avvolge tutto lo spettacolo dal fondo del campo da gioco ai polpacci dei giocatori.

E questo andando a considerare solo il lato "reportistico" del mezzo di comunicazione, e non il suo aspetto di strumento di intrattenimento. Ovviamente la nostra vita quotidiana è stata rimodellata nei suoi ritmi e nei suoi tempi dalla televisione come mezzo di intrattenimento, ma insisto, non è questo l'oggetto della discussione, bensì il valore reportistico del mezzo di comunicazione.

A questo punto potrei proseguire a oltranza fornendo esempi a supporto delle mie tesi e puntando il dito indice contro il demone, ma non è questo il mio obiettivo, o quantomeno, non è questo il suo contesto, perché la mia riflessione sarebbe monca se non prendesse atto del ruolo svolto dai nuovi media, quelli che della televisione sono i nipoti e della quale hanno ereditato alcuni difetti e qualche pregio.

Ma è opera troppo ambiziosa per un semplice blog, dunque lancio il sasso e nascondo la mano, ma lo stagno, le acque smosse in circoletti concentrici siete voi, allora non indignatevi se non vi ho rivelato il nome dell'assassino e lasciatevi attraversare dalle domande: anche internet sta cambiando il mondo? Internet perpetrerà l'inganno o ripararerà ai danni fatti dalla televisione? Non conosco la risposta ma vi sussurro un suggerimento: dipende tutto da te. Dipende dalla coscienza che hai nell'usare lo strumento.

43 commenti:

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