La prima partita, gli inizi del videogioco
Quando e come è nato il videogioco?
Lungi da me farne una trattazione estesa rimane comunque interessante accennare alle origini del medium.
Dobbiamo tornare indietro nel tempo fino al 1958, quando Willy Higinbotham un ingegnere del Brookhaven National Laboratori, un istituto di fisica nucleare americano, si pose il problema di rendere più interessanti le visite dei giovani studenti alle strutture del centro ricerche.
Si accorse, infatti, che gran parte degli studenti trovavano i percorsi guidati noiosi e poco stimolanti cosicché pensò ad un modo per rendere quei giganteschi macchinari, oggetti in grado di stimolare interesse e comunicare anche a persone non esperte di ricerca scientifica.
Dall’idea alla pratica il passo fu breve e presto su un monitor da 5 pollici di un oscilloscopio, situato in un anonimo laboratorio di ricerca, i giovani studenti poterono giocare al primo videogioco della storia, un semplice quanto intrigante e promettente riproduzione del tennis da giocare in due:
“Tennis for Two”, 1958
Tutto vero: il primo videogioco della storia non faceva uso dell’intelligenza artificiale si doveva giocare “player” contro “player”; la dimensione “multiplayer” nacque, dunque, insieme al videogioco.
Fu solo nel 1961 che l’ormai arcinoto laboratorio universitario MIT acquistò i primi computers con telescrivente e monitor, i PDP.
Steve Russel era un giovane ricercatore del MIT ed iniziò subito a sperimentare le possibilità di questo “grandioso” computer e per il desiderio di simulare le dinamiche fisiche che regolano i corpi celesti creò il videogioco che più di tutti segnò la storia di questo medium: “Spacewar”.
A differenza del suo predecessore, questo videogioco ottenne subito i favori di centinaia di ricercatori poiché sfruttò la grande diffusione dei PDP 1 negli istituti di ricerca universitari; il risultato fu quello di far appassionare alla programmazione e alla ricerca migliaia di giovani menti. “Spacewar”, che ancora una volta metteva a confronto due “umani”, aveva come scopo il dominio di un universo, organizzato secondo le regole della fisica: sullo schermo, due navicelle si combattevano sparandosi, stando ben attente a non finire distrutte dalla forza di gravità di una stella che si trovava al centro dell’area di gioco.
In breve tempo, grazie anche all’entrata in funzione di Arpanet (antesignana di internet) “Spacewar” fece bella mostra di sé in tutti gli istituti di ricerca americani.
Altri iniziarono a programmare giochi e questo contribuì ad accrescere l’attenzione intorno al fenomeno videogioco, al punto che si cominciò a prospettarne un uso commerciale: il numero dei possibili utenti, infatti, aveva superato la massa critica.
Nel 1966 Baer, ingegnere presso la Sanders Associates, iniziò a riflettere sugli usi alternativi del televisore; in quello stesso anno riuscì ad animare dei puntini luminosi su un apparecchio televisivo. Deciso a far fruttare economicamente questa sua tecnologia la propose per ulteriori sviluppi alla sua azienda. Quest’ultima accettò di finanziare un progetto dal quale nel 1972 uscì la “Odissey”, un dispositivo che permetteva di giocare con il televisore d casa.
Va dunque a Baer lo scettro di inventore della prima “console” casalinga per videogiochi.
Ancor prima della messa sul mercato della “Odissey”, tuttavia, i giovani e gli appassionati ebbero modo di cimentarsi con i videogiochi grazie alle sale giochi, e a Nolan Bushnell.
Bushnell era un giovane studente e venne a conoscenza di “Spacewar” in ambito universitario, subito iniziò a migliorarne il codice per rendere il videogioco più veloce; pensò immediatamente alle potenzialità commerciali del “medium” e decise di sviluppare in proprio il progetto di una macchina da sala giochi da attivare previo l’inserimento di una monetina da 25 centesimi. Nel 1971 riuscì a completare la sua idea e a venderla alla Nutting Associates (società già coinvolta nell’intrattenimento da sala giochi con flipper e dispostivi simili), in questo modo venne alla luce il primo sistema “coin op” per videogiochi; non fu un gran successo perché “Computer space” era difficilmente controllabile e risultava, così, poco giocabile.
Nel 1972 Bushnell si mette in proprio e fonda l’ “Atari”, il suo secondo progetto commerciale è “Pong”: una semplice simulazione del ping pong. Fu uno strepitoso successo che segnò la storia dei videogiochi.
La prima macchina fu installata nel retro di un bar, il gestore dopo poche ore lamentò la rottura del dispositivo, in realtà ad un controllo più approfondito si appurò che il sistema aveva smesso di funzionare perché pieno di monetine …
Bushell, però, non si limitò a sviluppare per i soli potenziali clienti delle sale da gioco: il suo sogno era quello di portare i videogiochi in tutte le case. Diede così il via alla progettazione del VCS, un sistema casalingo che esordì nel 1977 e che venderà 25 milioni di unità, insieme a 120 milioni di cartucce contenenti giochi.
Il videogioco è ormai penetrato nelle sale da giochi e nelle case: siamo alla fine della fase pionieristica.
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